Non si tratta soltanto di “nebbia cognitiva” e non è nemmeno una condizione nuova. E non si può “fare tutto da soli” 

 
A cura di Samorindo Peci, endocrinologo, esperto in medicina d’emergenza, volontario all‘ospedale di Sondalo Unità-Covid durante la pandemia 

 
 
Si cominciò a parlare di Long Covid fin dai primi mesi della pandemia, quando ci si accorse che, anche dopo la scomparsa del virus, tanti pazienti continuavano a stare male a causa di una varietà di sintomi: dolori muscolari, spossatezza, ansia, difficoltà respiratoria, insonnia, difficoltà a ricordare, a sentirsi concentrati o a terminare una qualsiasi attività.  
A più di due anni dalla pandemia il “veleno in coda” del coronavirus è ancora l’argomento più discusso e, forse anche per questo, spesso, il più frainteso.  

Partiamo dall’inizio. Si chiama Sindrome da Long COVID ed è un insieme di sintomi che colpisce sia chi è entrato in contatto con l’infezione da Sars-Cov2 ma anche chi ha semplicemente vissuto la pandemia. Ed è proprio questa doppia sfaccettatura che rende questa sindrome così particolare e spesso fraintesa. 
 

Tra gli errori più comuni c’è quello di pensare che si tratti solo ciò che tutti conoscono come “nebbia cognitiva”, quando non è che uno dei sintomi della Sindrome da LONG-COVID.  Alla base di questo termine coniato di recente, “nebbia cognitiva” c’è il concetto di “Neuroinfiammazione”, un processo ultra-noto in medicina, è lo stesso presente anche nel diabete e nelle malattie metaboliche in generale.  
Si tratta di un’attivazione del sistema immunitario a livello cerebrale che persiste anche dopo l’infezione: le citochine, molecole infiammatorie, nel nostro organismo hanno un’emivita che varia dai 60 ai 120 giorni successivi all’evento scatenante. Prodotte dal nostro corpo agiscono come tossine e, anche se nella prima fase sono il “prodotto” della guarigione, andando avanti col tempo possono incidere negativamente sui meccanismi cerebrali, se non adeguatamente monitorate e gestite.  

Ecco, il virus innesca un’infiammazione generalizzata che colpisce tutti gli organi del nostro corpo, provocando ovviamente delle conseguenze: possiamo pensare ai sintomi che emergono in questa sindrome come al risultato della “battaglia” che il nostro corpo ha condotto per liberarsene. Se durante l’infezione si è generata una polmonite, anche quando ci si potrà definire “guariti”, emergeranno difficoltà respiratorie, fiato corto, iperventilazione. Così anche a livello cerebrale emergono disturbi, la difficoltà di concentrazione, di attenzione, memoria, senso di debolezza generalizzato. Immaginatelo come uno scompenso di tutti i valori dell’organismo, con la successiva necessità di ripristinarli quegli equilibri. Qui arriviamo a un altro punto: l’organismo spesso da solo non ce la fa. Va quindi aiutato.  

Altro comune “errore”, infatti, è pensare di potere superare tutto da soli, che “tanto poi passa”. Non sempre è così. Gli aspetti della sindrome da tenere in considerazione sono molto sfaccettati, serve competenza sanitaria. Ovviamente medica internistica, ma non solo: è fondamentale il supporto di altre figure sanitarie, in particolar modo competenti di fisioterapia respiratoria, neuropsicologia e nutrizione.  

Cosa c’entrano la fisioterapia respiratoria, il cibo da portare in tavola e le capacità cognitive? Tutto. Ripristinare le funzioni respiratorie significa portare più sangue ossigenato a tutti gli organi, soprattutto al cervello. Un cervello ben ossigenato incrementa il proprio metabolismo e favorisce le funzioni cognitive, l’umore e il sonno.  L’aspetto psicologico poi è fondamentale per tutti quelli che vengono colpiti da malattie o disturbi, ancor più per questo tipo di pazienti: in quanto lo stress fisico si ripercuote su quello mentale e tutto si riflette a livello organico. In un piano terapeutico funzionale, infine la parte nutrizionale gioca un ruolo importante per ridurre l‘infiammazione cerebrale. Anche se ancora spesso si mette da parte e non si coglie l’importanza della nutrizione in questi aspetti, ci sono alimenti che aiutano i processi di disinfiammazione, promuovendo uno stato di benessere generalizzato. Tornare come prima si può, ma a patto di agire su tutti i fronti. 

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6 Responses

  1. Salve, ho letto questo articolo molto interessante. Ormai sono 6 mesi che combatto im long covid e nebbia cognitiva. Fatto mila analisi e visite e sto benissimo, ma io non mi sento così. Mi sento sempre questa sensazione di malessere. Posso fare qualcosa. Chiedo aiuto. Grazie tante 🙏

  2. Buon giorno
    E la verità
    Che vi posso dire sono stata colpita de questo Virus la Terapia Intensiva per cinque giorni dopo due ani sono ancora con sintomi bruti respiro dizordinato i polmoni non sono al masimo non posso rezistere senza aria senpre con la finestra aperta anche durante a lavoro. Concluzie (stare generale male) 😔😪

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